Cleopatra e la sua corte
L'ultima regina dell'antico Egitto fu Cleopatra VII della dinastia Tolemaica, che regnò dal 51 al 30 a.C. fronteggiando la potenza romana con una strategia politica basata su magnetismo personale e stile di vita lussuoso.
Giovanissima divenne amante del maturo Giulio Cesare, per avere in seguito con il triunviro Marco Antonio un lungo e profondo legame d'amore che si concluse con la morte di entrambi.
Ai due amanti più celebri dell'antichità si ascrive il merito d'aver creato una delle prime associazioni gastronomiche della storia: raggruppava i maggiori buongustai dell'epoca ed aveva il nome di "Circolo degli Inimitabili". I soci alternavano cacce e feste a discussioni coi dotti della Biblioteca e puntate avventurose nei quartieri malfamati.
La scoperta e traduzione di alcuni papiri rinvenuti nell’oasi del Fayum, la più ricca del regno di Cleopatra, ha rivelato interessanti indicazioni sulla gastronomia di quel tempo. Gli Egizi furono i precursori della cucina mediterranea e non come sarebbe logico supporre di quella araba, più ricca di spezie. Utilizzavano olio extravergine d’oliva, formaggi leggeri, verdure, erbe aromatiche, legumi, cereali, e consumavano pietanze a base di pesci e carni.
Grazie ai papiri è possibile scoprire che a tavola della regina più famosa del mondo, donna colta e intelligente (si narra che fosse capace di una conversazione irresistibile), faceva spesso bella mostra di se il piccione farcito accompagnato a verdure di stagione. Si gustava poi la zuppa di fave, ma anche d’orzo o di farro, che di solito apriva la lista delle portate. La selvaggina si alternava spesso a carni ovine. Non mancavano però occasioni più raffinate dove faceva capolino il pesce del Nilo. I dolci consistevano in prelibati tortini di fichi e noci, ricoperti di miele. Ad innaffiare un simile pasto non mancava del buon vino greco e della birra, preziosa eredità dei faraoni.
Sulla ricerca di una vita inimitabile da parte di Cleopatra ed Antonio vogliamo riportare due episodi memorabili.
Il primo fu la scommessa fatta dai due su chi avrebbe offerto il banchetto più costoso. L’evento narrato da Plinio, e immortalato in numerosi dipinti, racconta che se Antonio si era affannato a cercare cibi rari ed esotici, Cleopatra aveva speso oltre dieci milioni di sesterzi in costosi manicaretti, sciogliendo inoltre in una coppa di aceto uno dei suoi orecchini di perle d’inestimabile valore.
L’altro episodio propone gli eccessi quotidiani praticati nelle cucine del palazzo reale d’Alessandria. La scena, descritta daI medico Filota al nonno di Plutarco, narra della sua visita alla corte, e dello stupore provato scoprendo che in cucina c’erano in cottura otto cinghiali, a diversi stadi di arrostitura, perché Marco Antonio esigeva in ogni momento disponibile carne cotta al punto giusto, nel caso gli venisse fame o arrivassero ospiti inattesi.
Dulcis Coccora per Cleopatra
I coccora sono semi commestibile di piante mediterranee che nell’antichità venivano aggiunti ai dolci. Oggi potrebbero essere sostituiti dai semi del melograno o dai frutti di bosco.
Preparare i dolcetti lavorando farina, acqua ed aggiungendo all’impasto pezzi di fichi secchi e noci.
Modellare delle piccole palline da mettere a cuocere e caramellare nel miele bollente.
Servire queste delizie miste a coccora.
BISCOTTI dalla preistoria ai Romani
Cotto due volte per sconfiggere le insidie del tempo restando a lungo fresco e fragrante: ecco il segreto di uno dei dolci più cari e diffusi. Friabile oppure spugnoso, morbido o croccante, si presta a mille interpretazioni. Non era ancora l’alba per la civiltà, ma già in Medio Oriente l’agricoltura preistorica si esercitava su cereali di diverse specie. Macerati nell’acqua, i chicchi davano origine a poltiglie di varia consistenza. Poi probabilmente, successe che questo composto cadde sulle pietre ancora arroventate da un recente fuoco. Al disappunto iniziale dei presenti, seguì certamente la piacevole sorpresa dell’aroma di quella “galletta”. Era nata una nuova ricetta, molto prima del pane: il biscotto.
Le preparazioni subirono un’evoluzione notevole, insaporendo le paste di base con sesamo, ceci, formaggio, e dolcificandole con uva, fichi, miele. Biscotti e pasticcini erano confezionati già nell’Egitto dei Faraoni per divertire il sovrano non meno che i bambini, come testimoniano i geroglifici.
I Greci creavano dei biscottini votivi di vari forma, uccelli, maiali, tori, a secondo della divinità alla quale erano destinati. Sulla tavola di tutti i giorni non mancavano biscotti raffinati, che pare costituissero la prima e l’ultima portata dei banchetti. Ogni città dell’Ellade andava fiera di una particolare specialità, mentre filosofi e letterati non trascuravano di occuparsi di queste ghiottonerie.
D’orzo, prima che di frumento, furono i biscotti italici fino al V sec. a.C. Orazio regalava in premio ai suoi scolari diligenti i “crustula”, mentre il “buccellatum” era destinato al “buccellarius” cioè il legionario di terraferma impegnato nei lunghi spostamenti. Con il passare del tempo la pasticceria Romana subì una grande evoluzione. Nella capitale dell’impero, sia presso le cucine domestiche che nei “pistores dulciarii” (pasticceri), fu un rigoglio di raffinatezze, quali l’ “humus” (sarta di ciambelle) e il “globulus” (pasticcino alle mele). Particolarmente famosi erano i “crustulum”, consumati dopo le cerimonie sacrificali da offerenti, sacerdoti e aiutanti religiosi, così nelle strade di Roma i “crustularii” si contendevano a viva voce il primato della propria merce.
Fonte
TaccuiniStorici.it testata di Alex Revelli Sorini - Rivista multimediale curata in collaborazione con l' Accademia Italiana Gastronomia Storica dove si propongono storie e tradizioni della cultura gastronomica mediterranea.
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