sabato 18 febbraio 2012

Stoccafisso & Baccalà

Due modi di conservare lo stesso pesce, il Merluzzo: essiccato all'aria diventa Stoccafisso, conservato sotto sale diventa Baccalà. Gli Italiani, fra i maggiori consumatori, lo adottarono subito facendone ricette squisite, sia in una veste che nell'altra. Essendo nato come un cibo morigerato e adatto alle prescrizioni religiose del venerdì magro, entrò con modestia nella cucina dei conventi, in quella dei contadini e in quella del popolo, ma divenne in seguito un cibo ricercato, cotto in mille modi fantasiosi, degno della mensa di un Re.

UN PO' DI STORIA SUL MERLUZZO SALATO O ESSICCATO


I migliori testimonial del merluzzo sono i Vichinghi, i grandi navigatori provenienti dal nord della Norvegia. Dalle loro parti, al largo delle isole Lofoten, di merluzzi ce n'erano a iosa: i Vichinghi li pescavano, e li facevano essiccare all'aria aperta. Ne veniva fuori un alimento perfetto per le loro esigenze: lo stoccafisso.  Nutriente, leggero (poca acqua, poco peso) di lunga conservazione (perché disidratato, come le mummie). Per i loro interminabili viaggi per mare, verso la Groenlandia, l'America o vattelapesca, non c'era di meglio. Un bel giorno però i Vichinghi persero il monopolio della pesca del merluzzo. Per colpa delle balene. Le popolazioni basche del Golfo di Guascogna (tra la Spagna settentrionale e la Francia) davano loro la caccia, e in effetti le cacciarono da lì: scappando verso nord, con i baschi alle calcagna, ben decisi a non perdersi quelle montagne di risorse alimentari, le balene si portarono nell'Atlantico settentrionale, fin nel mezzo dei Grand Banks: dei banchi di merluzzo così fitti, che per catturarli bastava affondarci dentro le mani. Una volta scoperti questi giacimenti di merluzzo, i baschi ci tornavano tutte le volte: ma per conservarlo, invece di esporlo all'aria (che in Spagna è meno fredda che in Norvegia!) all'uso dei Vichinghi, lo mettevano sotto sale: abitudine che avevano preso con le balene. Nasceva così il baccalà.  
Nutriente, leggero (poca acqua, poco peso) di lunga conservazione (perché disidratato, come le mummie). Per i loro interminabili viaggi per mare, verso la Groenlandia, l'America o vattelapesca, non c'era di meglio. Un bel giorno però i Vichinghi persero il monopolio della pesca del merluzzo. Per colpa delle balene. Le popolazioni basche del Golfo di Guascogna (tra la Spagna settentrionale e la Francia) davano loro la caccia, e in effetti le cacciarono da lì: scappando verso nord, con i baschi alle calcagna, ben decisi a non perdersi quelle montagne di risorse alimentari, le balene si portarono nell'Atlantico settentrionale, fin nel mezzo dei Grand Banks: dei banchi di merluzzo così fitti, che per catturarli bastava affondarci dentro le mani. Una volta scoperti questi giacimenti di merluzzo, i baschi ci tornavano tutte le volte: ma per conservarlo, invece di esporlo all'aria (che in Spagna è meno fredda che in Norvegia!) all'uso dei Vichinghi, lo mettevano sotto sale: abitudine che avevano preso con le balene. Nasceva così il baccalà.
 I vichinghi impararono dai baschi questo nuovo sistema di conservazione del merluzzo, e ne estesero l'impiego: oltre che come cibo, sulle loro navi il baccalà fungeva anche da barometro. Dopo averlo messo sotto sale, lo appendevano a bordo con delle corde. Quando il baccalà cominciava a gocciolare, voleva dire che era in arrivo una tempesta: la maggiore umidità dell'aria faceva infatti sciogliere il sale. Oggi i barometri saranno magari più sensibili, ma non sono commestibili come quelli di una volta. I Vichinghi portarono il baccalà in molte parti del mondo, ma solo quando finì in mano agli americani la b di baccalà si coniugò davvero con la b bi business.
Nel 1620 i Pilgrim Fathers, i Padri Pellegrini, protestanti in fuga dall'Inghilterra, sbarcarono con la Mayflower su di un promontorio del nuovo mondo che aveva un nome profetico: Cape Cod. Che non vuol dire altro che "Capo Merluzzo". Questo nome ci fa capire di quale pesce fossero pieni quei mari. Non capendo un'acca di agricoltura, i Padri Pellegrini si diedero alla pesca. La cosa dovette funzionare, se già pochi decenni più tardi le navi degli "americani" partivano dal New England stivate e stipate di baccalà, dirette ai Caraibi, a Capo Verde e alle Canarie, con destinazione finale Portogallo.Il baccalà veniva scambiato con prodotti coloniali (zucchero, melassa, ecc.) e anche con schiavi, che venivano trasportati in America per lavorare nelle piantagioni.
Arrivati là, gli schiavi venivano nutriti con la stessa moneta con cui erano stati comprati: il baccalà, appunto. Il desiderio degli Inglesi di inserirsi in questo lucroso commercio provocava continui scontri fra le navi di Sua Maestà Britannica e gli schooner, le veloci barche americane impiegate per la pesca del merluzzo, che per meglio difendersi si erano dotate di cannoni. La guerra del baccalà contribuì insomma a inasprire il clima già teso tra l'Inghilterra e la sua ex colonia d'oltremare, consolidando quell'ostilità che avrebbe condotto, nel 1776, alla dichiarazione d'indipendenza americana.
Sulle banconote da un dollaro, oltre alla faccia di Lincoln dovrebbe perciò comparire un bel merluzzo, magari di profilo. Come quello tuttora presente nello stemma municipale di Boston. Se non una banconota, il baccalà meriterebbe per lo meno un francobollo commemorativo: nei secoli ha salvato la vita a tanta gente, che altrimenti sarebbe morta letteralmente di fame. Ancora nell'ottocento, la classe operaia inglese tirava avanti a forza di "fish and chips", un binomio in cui il fish era (ed è ancora) il merluzzo, che si coniugava con le chips (patate) per il semplice fatto di essere cheap: economico. Il mercato inglese assorbe 170.000 tonnellate di baccalà all'anno, ed è al primo posto nel mondo. Sarà per questo che gli inglesi, quando si tratta di baccalà, non si rivelano mai dolci di sale. Per citare soltanto degli episodi recenti, nel 1973 fregate e cannoniere inglesi ed islandesi si sono fronteggiate a muso duro - e a colpi d'artiglieria - per il controllo dei grossi banchi di merluzzo che si trovano nei mari tra i due paesi.

IL BACCALA' ALLA VICENTINA
"Si racconta che, nel 1269, i vicentini che tentavano l'assalto al castello di Montebello, difeso dai veronesi, alle guardie che gridavano altola', rispondessero: oh, che bello, noi portiamo polenta e baccala'. E subito i veronesi, golosi, spalancarono il portone …"


SIORA VITTORIA", LA CREATRICE DEL "BACALA' ALLA VICENTINA"

1890: tempo lontano , quasi irreale…. La citta' sonnecchiava : i "titolati" si radunavano al loro circolo che si chiamava appunto "Casino dei nobili" e trascorrevano le lunghe serate nei virtuosismi del biliardo o commentando le gazzette ; le signorine accompagnate dalle vigilanti genitrici , compievano la passeggiata crepuscolare per il Corso con meta il caffè "Cavour" , per l'aranciata o il gelato da sorbire golosamente. Uno dei ritrovi piu' in voga , era quello della trattoria "Polenta e baccala' " aperto dalla signora Giuseppina Terribile in Bianco , detta familiarmente la "siora Vitoria". La "siora Vitoria" era diventata in breve una vera e propria istituzione cittadina . Verso il mezzogiorno del lunedi' , giornata consacrata in specialissimo modo alle scampagnate degli orefici , la trattoria della "Siora Vitoria" era gremita di clienti che consumavano in allegria il piatto tipicamente vicentino di cui la proprietaria possedeva l'unica infallibile ricetta…." Buona scelta della materia prima , abbondanza di olio ottimo , pochi intrugli e tanta cucina , vale a dire preparazione e cottura lentissima ….". Le ordinazioni e le esclamazioni di compiacimento , si incrociavano da saletta a saletta , da corte a corte . La "siora Vitoria", negli anni che trascorsero , si mantenne sempre la stessa : la fama del "bacalà alla vicentina " , intanto , aveva varcato i confini della provincia ; le automobili dapprima rumorose ma lente , e via via piu' snelle , piu' silenziose , piu' moderne si fermavano davanti alla trattoria : scendevano signore eleganti e signori vestiti all'ultima moda , si fermavano all'ombra del pergolato e gustavano il piatto tradizionale . L'orologio del tempo ha segnato tante ore nel suo quadrante , ma il "baccalà alla vicentina" , scoperta personale della "siora Vitoria", continua ad attirare clienti da ogni centro della provincia e da altre regioni . -bon apetito- sembra dire la buona antica proprietaria dalla fotografia che campeggia su di una parete della sala grande . E gli occhi le splendono . Pensa forse con nostalgia ai fornelli della sua cucina ...


LA RICETTA

Dal sito ufficiale del baccala' alla vicentina: www.baccalaallavicentina.it
La "VenerabileConfraternita del bacalà alla vicentina" suggerisce una ricetta che e' il frutto di studi e di comparazioni tra le numerose ricette in auge nei ristoranti e nelle trattorie piu' famose del Vicentino tra gli anni trenta e cinquanta senza demonizzare le varianti attualmente in servizio.

Ingredienti per 12 persone:
kg . 1 di stoccafisso secco ; g. 500 di cipolle ; litri 1 d'olio d'oliva extra vergine ; n 3-4 acciughe ; 1/2 litro di latte fresco ; poca farina bianca ; g. 50 di formaggio grana grattugiato ; un ciuffo di prezzemolo tritato ; sale e pepe.

Procedimento:
Ammollare lo stoccafisso , gia' ben battuto , in acqua fredda , cambiandola ogni 4 ore , per 2-3 giorni.
Levare parte della pelle. Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine.
Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d'olio , aggiungere le acciughe dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti; per ultimo , a fuoco spento , unire il prezzemolo tritato.
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso , irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all' altro, in un tegame di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila ( sul cui fondo si sara' versata , prima , qualche cucchiaiata di soffritto ); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato il sale, il pepe.
Unire l'olio, fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo , muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio , senza mai mescolare .In termine vicentino , questa fase di cottura si chiama "pipare".
Solamente l'esperienza saprà definire l'esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, puo' differire di consistenza. Servire ben caldo con polenta in fetta : il baccalà alla vicentina e' ottimo anche dopo un riposo di 12-24 ore.



BACALHAU A GOMES DE SA ( Baccalà alla Portoghese )

Ingredienti per 6 persone

500 g di baccalà (ammollato), 500 g di patate, 100 g di cipolle, 100 g di olive nere, 3 dl di olio extra vergine d’oliva, 1 spicchio di aglio, 1 ciuffo di prezzemolo, 4 chiodi di garofano, sale, pepe

Procedimento:
Lavare il baccalà, tagliarlo a pezzi, metterlo in un tegame e ricoprilo con acqua fredda.
Portarlo a ebollizione a fuoco moderato e lasciarlo cuocere per circa 10 minuti.
Lavare le patate e farle lessare, scolandole ancora un po’ al dente. Pelarle e tagliarle a fette.
Tagliare le cipolle a rondelle e tritare finemente l’aglio. Mettere un po’ di olio in un tegame e fare imbiondire le cipolle, facendo attenzione che non prendano troppo colore. Quando saranno pronte, toglierle dal fuoco e unire ad esse l’aglio tritato.
Ungere una pirofila con dell’olio, disporci uno strato di patate, con sale e pepe, poi subito dopo uno strato di baccalà. Cospargere con le cipolle e con l’aglio, mettere un chiodo di garofano e continuare a formare strati in questo modo fino ad esaurimento degli ingredienti. Dopo l’ultimo strato mettere in superficie le olive nere, precedentemente snocciolate.
Bagnare con il rimanente olio e mettere a cuocere in forno a 180°C per circa 20 minuti. La superficie deve risultare bella gratinata. Cospargere con il prezzemolo tritato e servire ben caldo.



1 commento:

  1. Una pagina completa ed estremamente interessante, se ci fosse stata pure la nostra super ligure "buridda di stocco" allora sarebbe stata da LODE!!!!

    Buon lavoro, spero di leggere presto altro con lo stesso piacere.

    Fabi

    RispondiElimina