“Tu proverai si come sa di sale lo pane altrui…” (Dante XVII canto del Paradiso) Dante Alighieri, esiliato a Ravenna, con questa immortale metafora, fa notare che già in epoca medievale il pane toscano si distingueva da tutti gli altri.
Pane sciocco, senza sale, che i nostri avi crearono per una necessità. Questo alimento prese forma nel XII secolo, quando i pisani, in perenne conflitto con Firenze, bloccando il commercio del sale verso l’entroterra, ne fecero salire il prezzo alle stelle. L’azione costrinse i fornai a panificare senza sale, e le pagnotte ottenute, economiche ma molto versatili, ebbero un tale successo da diventare un simbolo della toscanità.
Per completezza vogliamo ricordare che il pane, la cui preparazione nell’antichità divideva i popoli civili da quelli barbari, in ogni tempo si è adeguato alle latitudini e alle disponibilità economiche delle varie comunità. La composizione della farina, l’elemento base, è sempre cambiata da zona a zona: frumento puro e miscelato o sostituito con il miglio, la segale, l’orzo, il mais, le castagne.
Nel cuore del Mediterraneo, là dove ebbe origine l’arte bianca (forse in Egitto, forse in Mesopotamia), per avvicinare i fedeli la cultura cristiana creò il miracolo eucaristico dell’Ultima Cena, dove il semplice pane diventò un alimento sacro, capace di mettere in contatto l’uomo con Dio.
La preghiera del Padre nostro con “…dacci oggi il nostro pane quotidiano”, invoca la provvidenza divina non solo per un cibo, ma perché protegga tutto il lavoro indispensabile ad ottenerlo.
Preparare la terra e seminare. Attendere la crescita.
Raccogliere le messi e batterle per isolarne il chicco dalla paglia.
Conservare le granaglie e macinarle (in passato con macine mosse dall’acqua o dal vento, oggi da un motore elettrico).
Amalgamare la farina con l’acqua e cuocerne l’impasto in forno. Tutte queste azioni sono la somma di abilità umane, da quella del contadino a quella della massaia, indispensabili a generare gusto, sapore e profumo.
Il pane sciocco, fatto solo d’acqua e farina, amatissimo dai cuochi, è perfetto per accompagnare ogni alimento, e rappresenta il più diffuso tra i pani italiani.
Nella nostra cucina comincia facendosi fett’unta, per diventare crostino e sposare i salumi. Si eleva nella pappa al pomodoro o la ribollita, per sublimarsi nella panzanella o la panata.
Non dobbiamo dimenticarci anche delle numerose interpretazioni territoriali, diverse per forma, consistenza e sapore. Non c’è solo il generico pane toscano, ma anche quello di Rimbocchi, di Montagnano, di Altopascio, a pasta dura o morbida, schiacciato o alto, semplice o arricchito con frutta secca o erbe aromatiche.
Torta di pane con mele e frutta secca
Per 8 porzioni
INGREDIENTI
450g di pane raffermo - 4 mele - 3 uova - 250g di latte- 100g di zucchero - 70g di uvetta passa - 30g di pinoli- 1 bicchierino di liquore (rum, vin santo…) – burro - pan grattato
PREPARAZIONE
Tagliare il pane a fette sottili e metterle a bagno nel latte tiepido per un po’. Ammollare anche l’uvetta in acqua tiepida. Sbucciare e tagliare le mele a fettine sottili. Separare i tuorli dagli albumi e montare questi ultimi a neve. Amalgamare i tuorli con lo zucchero, quindi aggiungere il pane leggermente strizzato, l’uvetta, i pinoli ed il liquore. Unire le mele tagliate ed infine gli albumi montati. A questo punto imburrare e cospargere una tortiera con il pangrattato. Versare l’impasto nella teglia e cuocere in forno a 170° per 50 minuti circa. Sformare e servire la torta calda… o fredda.
Fonte
TaccuiniStorici.it testata di Alex Revelli Sorini - Rivista multimediale curata in collaborazione con l' Accademia Italiana Gastronomia Storica dove si propongono storie e tradizioni della cultura gastronomica mediterranea.
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