« La città di Sinigaglia da questa radice de' monti si discosta poco più che il tirare d'uno arco, e da la marina è distante meno d'uno miglio. A canto a questa corre un picciolo fiume, che le bagna quella parte delle mura che in verso Fano riguardano. La strada per tanto che propinqua a Sinigaglia arriva, viene per buono spazio di cammino lungo e monti, e giunta a el fiume che passa lungo Sinigaglia, si volta in su la man sinistra lungo la riva di quello; tanto che, andato per spazio d'una arcata, arriva a un ponte el quale passa quel fiume e quasi attesta con la porta ch'entra in Sinigaglia, non per retta linea ma transversalmente. Avanti a la porta è un borgo di case con una piazza, davanti alla quale l'argine del fiume da l'uno de' lati fa spalle. »
( Niccolò Machiavelli )
Senigallia o anche Sinigaglia (S'nigaja in gallico marchigiano), è un comune italiano di 45.106 abitanti[3] della provincia di Ancona nelle Marche, secondo della provincia per numero di abitanti dopo il capoluogo, nonché il sesto più popolato della regione.
È una delle principali località turistiche delle Marche, richiamante visitatori da ogni parte d'Italia e d'Europa, anche grazie alla famosa spiaggia detta "di velluto". Dal 1997 Senigallia si fregia ininterrottamente della Bandiera Blu, il riconoscimento che la FEE (Foundation for Environmental Education) rilascia alle località che garantiscono qualità delle acque di balneazione, attenzione alla gestione ambientale, informazione all'utente, servizi e sicurezza in spiaggia.
La zona di Senigallia costituisce il confine linguistico fra i dialetti gallo-italici e quelli italiani mediani
Breve storia di Senigallia
Il nome ricorda l'antica origine della città che la tradizione vuole fondata da un mitico "Brenno", condottiero dei Galli.
Prima colonia romana sull'Adriatico, Senigallia conosce momenti di grande fortuna e di profonda decadenza.
La sua rinascita certa è databile alla metà del XV secolo, quando Sigismondo Pandolfo Malatesti la fortifica e ripopola il suo territorio. Dopo la sua sconfitta ad opera di Federico da Montefeltro, la città viene data in vicariato ad Antonio Piccolomini dal papa Pio II e, in seguito ad alterne vicende, concessa da Sisto IV a suo nipote, Giovanni Della Rovere, destinato a sposare Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro al quale il pontefice ha conferito, in quello stesso anno, il titolo di duca Giovanni, l'anno dopo, è anche nominato Prefetto di Roma e riceve in eredità dal cugino Leonardo il Ducato di Sora.
I ventisette anni del governo dei Della Rovere, che muore il 6 novembre 1501, segnano un periodo particolare nella storia di Senigallia: l'unico in cui la città è capitale di uno Stato che il "principe nuovo" crea nelle sue strutture fondamentali, dotandola di Statuti e di Catasti e ripensando l'assetto urbanistico, non solo con una più funzionale cinta muraria e con una più potente rocca, fulcro delle difese a mare, ma anche con lavori di bonifica della zona paludosa delle Saline, di arginatura del fiume Misa, con spazi verdi e "mattonando e saligando tutte le strade".
Giovanni ha a sua disposizione gli architetti di Federico da Montefeltro: Gentile Veterani progetta il rivellino; Luciano Laurana struttura il corpo centrale della Rocca nel quale ricava appartamenti che accolgano la corte in caso di emergenza ed effettua anche il collegamento con la piazza antistante; Baccio Pontelli realizza i quattro massicci torrioni che inglobano la parte residenziale.
Signore di una piccola corte, segnata dall'austerità dei costumi e da una profonda religiosità, fa progettare da Baccio Pontelli per Senigallia il Convento e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Egli non vedrà la fine dei lavori della complessa struttura, iniziata nel 1491, certamente destinata ad essere la tomba di famiglia e, forse, edificata per sciogliere il voto fatto alla Madonna e a San Francesco per ottenere la grazia di un figlio maschio. Francesco Maria nasce nel 1490 e, per l'estinzione della casata dei Montefeltro, diventa duca di Urbino nel 1508, primo della dinastia roveresca destinata a durare fino al 1631.
Città ricca, continua la sua espansione dotandosi, nel XVI e nel XVII secolo, di altri monumenti tra i quali: il Palazzo comunale, il Palazzo del Duca, la Chiesa della Croce, ove è conservata la Deposizione di Federico Barocci, mentre dello stesso periodo è la bellissima Visita a Sant'Anna del Guercino, conservata nella Chiesa di San Martino. In età pontificia si trasforma da città-stato a città-mercato, anche nelle strutture architettoniche: i Portici sul lungofiume sostituiscono le potenti mura volute da Guidobaldo II a metà del XVI secolo. Quattordici consolati esteri proteggono gli interessi dei mercanti che accorrono nei giorni della celebre Fiera franca della Maddalena, mentre nel XIX secolo essere patria del papa Pio IX consente alla città di Senigallia di vivere ancora da protagonista nella storia.
Nei primi decenni del '900 si afferma l'immagine di Senigallia come sede privilegiata del nascente turismo balneare. Un monumento celebrò in modo splendido questa vocazione della città, la Rotonda a Mare inaugurata nel 1933.
La Cucina
Un giovane letterato e gastronomo, scrivendo su un quotidiano nazionale, ha citato Senigallia “ fra le capitali della ristorazione italiana ”.
Fra i cento e più locali cittadini, almeno una quarantina compaiono nelle più note guide all’ospitalità. Il segreto di tanto successo, grazie anche ad una scuola alberghiera di chiara fama e indubbio prestigio, si deve a un’offerta che risponde alle richieste di tutti i tipi di pubblico.
Infatti, dalla pizzeria al bistrot, dal ristorantino sul mare alle più formali tavole d’albergo, dalle allegre enoteche alle osterie del buon tempo antico, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Città di mare , trova le sue radici gastronomiche nel pescato quotidiano dell’Adriatico: alici, sardine, sgombri, suri, triglie, moscardini, seppie, sogliole, pannocchie, cefali, vongole, cozze. La grigliata e il fritto misto dell’Adriatico sono i due piatti di tradizione marinara sempre presenti sulla tavola senigalliese. La grigliata deve essere rigorosamente “sa la mollica”, ovverosia con pane grattugiato insaporito con aglio e prezzemolo fresco. Nel fritto misto non possono mai mancare le zanchette, i guattoli, la parazzola. Sontuoso e ormai abbastanza raro da trovare il brodetto senigalliese . La vera ricetta dei “portolotti” prevede l’utilizzo di 13 diversi tipi di pesce, lentamente cucinati con soffritto di cipolla, pomodoro (meglio il concentrato di pomodoro), aceto. Il brodetto è ormai presente in pochi ristoranti e, comunque, sempre su prenotazione.
Sia la grigliata che il fritto misto dell’Adriatico non possono che non essere accompagnati dai “bianchi” delle colline prospicienti Senigallia: il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Bianchello del Metauro .
Saporita e naturale la “cucina di terra”. Tra i piatti della tradizione contadina, in estate è una vera sorpresa scoprire l’ oca arrosto e, per il pranzo di Natale, la salsiccia matta , ormai prodotta su ordinazione solamente da alcune macellerie del centro storico. A Senigallia è possibile apprezzare anche una gustosissima porchetta lentamente cotta al forno a legna e insaporita con finocchio selvatico. Per la porchetta si raccomanda un buon bicchiere di Lacrima di Morro d’Alba , il rosso delle nostre colline, mentre per gli arrosti di carne il vino consigliato è il Rosso Conero , un prezioso Montepulciano impregnato con la salsedine dell’Adriatico.
E’ tipica della tradizione senigalliese la pizza con il formaggio che, in passato, veniva preparata per le festività pasquali. E’ il trionfo del formaggio pecorino: grattugiato quello secco, a pezzetti quello fresco.
Il dolce della tradizione, a tavola, è il ciambellone . A Natale è abitudine accompagnare questo dolce con il vino di visciole , una bevanda dolce preparata con visciole macerate in zucchero e vino rosso (generalmente Sangiovese). Durante il periodo della vendemmia tutti i forni della città preparano le ciambelle con il mosto , profumate all’anice.
Senigallia ha anche una lunga tradizione olearia. Le colline prospicienti il mare sono infatti particolarmente vocate per la coltivazione dell’ulivo, da cui si ricava un apprezzatissimo olio monovarietale Raggia proposto da diversi piccoli produttori locali.
Negli ultimi anni si è dato avvio ad un importante progetto di valorizzazione del salame di Frattula , un prodotto di filiera con un rigido disciplinare che prevede esclusivamente l’utilizzo di suini allevati all’aperto su una ristretta area a nord della provincia di Ancona, comprendente anche una porzione del comune di Senigallia (Scapezzano e Roncitelli).
Senigallia riserva un’attenzione particolare anche alla filiera del pane, dalla semina fino alla sua produzione e commercializzazione. Il “ Pangallo ” è una importante esperienza di valorizzazione della filiera locale. Prodotto con grani coltivati a Senigallia e in Comuni limitrofi e lavorato in molini a pietra ancora attivi nel nostro territorio, il “Pangallo” viene prodotto artigianalmente da fornai di Senigallia e distribuito in diversi punti vendita della città. Un esempio virtuoso che premia il lavoro svolto da quanti hanno creduto su “ Pane Nostrum ”, la più importante manifestazione italiana di valorizzazione del pane che si svolge - ogni anno – nel terzo week-end di settembre.
Da oltre venti anni opera a Senigallia la cooperativa “ La Terra e Cielo ”, una delle più importanti realtà nazionali nel settore dell’agricoltura biologica. Sono famose anche all’estero le premiatissime paste realizzate con il grano duro a coltivazione biologica delle colline senigalliesi.
RICETTE MODERNE SENIGALLIESI
Purea di patate con amatriciana e sgombro grigliato
Ingredienti
Sgombri da 300 g. n. 2
Patate 1 Kg.
Latte 200 g.
Burro 50 g.
Parmigiano/pecorino grat. 30 g.
Guanciola 40 g.
Cipolla bianca n. 2
Peperoncino
Olio extra vergine d’oliva q.b.
Sale e pepe di mulinello
Pelati 400 g.
Erbe aromatiche
Procedimento
- privare gli sgombri del loro interiore, togliere le lische, sciacquarli e farli scolare. Metterli in un contenitore capace a marinare con aneto e maggiorana ed un filo di olio extra vergine.
- mettere a bollire in acqua le patate di egual misura per il purea di patate.
- tagliare la cipolla ad anelli sottili, tagliare la guanciola in julienne. Procedere nella salsa amatriciana tostando la cipolla in una padella con olio e peperoncino, aggiungere la pancetta tagliata, cuocerla fino a renderla croccante, aggiungere i pelati, cuocere aggiustando di sale e pepe.
- sbucciare le patate precedentemente cotte, passarle al passaverdure, mantecarle con latte, burro e formaggio grattugiato. Mantenere in caldo a bagnomaria.
- cuocere lo sgombro alla griglia dalla parte interna per pochi minuti aggiustando il sapore.
- mettere nel piatto una base di purea lavorato con il sac a poche, mettere la salsa amatriciana caldissima e sopra appoggiarci lo sgombro. Servire caldo con un filo di olio extra vergine e del pepe di mulinello.
Gnocchi di patate con ragù azzurro
Ingredienti per il ragù
olio extravergine di oliva 60 g
cipolla tritata 10 g
aglio 1 spicchio
peperoncino n. 1
prezzemolo tritato
1 rametto di timo
pendolini rossi tagliati a pezzetti 150 g.
acciughe fresche tagliate a cubetti 50 g.
sgombro fresco tagliato a cubetti 50 g.
palamite tagliato a cubetti 30 g.
cefalo tagliato a cubetti 30 g.
Per gli gnocchi
patate 300 g.
burro 50 g.
parmigiano 10 g.
farina 100 g.
sale q.b.
un profumo di noce moscata
un tuorlo d’uovo
Procedimento
- Cuocere le patate, farle raffreddare e sbucciarle.
- Spremerle con l’apposito strumento.
- Incorporare la farina, le uova, il burro, il sale e la noce moscata.
- Ricavare delle codine e poi gli gnocchi.
- Insaporire i pesci con sale, pepe, prezzemolo e timo.
- Far rosolare la cipolla con l’aglio e il peperoncino.
- Aggiungere i pendolini e regolare il sapore.
- Cuocere gli gnocchi in abbondante acqua salata.
- Scolarli, passarli in padella, aggiungere la salsa e i pesci conditi, fateli saltare per un minuto circa e servite in un piatto fondo con una guarnizione di timo.
Albanella con Pesce Azzurro e Molluschi
Ingredienti
10 alici
2 sgombri piccoli
200 g di calamari
1 mugella
2 triglie
4 raguse
3 pomodori freschi
100 g di brodo di pesce
200 g di acqua delle vongole
4 fette di pane tostato
50 g di aceto
prezzemolo
timo
fi nocchio
aglio e cipolla
1/2 bicchiere di Verdicchio
olio extravergine di oliva q.b.
sale e pepe di mulinello
peperoncino
4 vasetti in vetro (albanella)
Procedimento
Pulire il pesce, fi lettare e diliscare i diversi pesci. Bollire le raguse per 20 minuti in acqua acidulata. Cubettare i pomodori, tagliare la cipolla ad anelli. Con le lische dei pesci ricavarne un brodo. Far dorare la cipolla con olio e uno spicchio d’aglio con del peperoncino. Aggiungere i calamari puliti e tagliati con prezzemolo tritato, far cuocere per alcuni minuti. Bagnare con vino e far evaporare, aggiungere acqua delle vongole, aggiustare di sale ed aggiungere del brodo di pesce. Cuocere il resto del pesce per pochi minuti in padella con olio aggiustandoli di sapore. Le raguse bollite (circa 30 minuti) poi condite con sale e pepe. Mettere i pesci con la salsa leggermente emulsionata con dell’olio d’oliva nei contenitori in vetro distribuendola accuratamente, aggiungere dei pomodorini tagliati in 2 parti un po’ di peperoncino, un rametto di timo e fi nocchio selvatico. Chiudere e riscaldare a bagno maria con un panno per evitare che il vetro sia a contatto con il metallo e partendo da acqua fredda (circa 10 minuti di bollore). Servire con un tovagliolo sul piatto per evitare che sia a contatto con la ceramica. Scuotere l’albanella prima di gustarla. Accompagnare con un crostino di pane e un fi lo di olio extravergine al momento dell’apertura del vaso.
Centro della fotografia
E’ con Giuseppe Cavalli , uno dei grandi della fotografia del ‘900 nonché ideatore e direttore artistico di quel privilegiato laboratorio di formazione fotografica che è stato il Gruppo Misa , che nacque la particolare vocazione di Senigallia per la fotografia.
E’ attraverso il suo insegnamento che si formò, a partire dal 1953, una giovane ed appassionata generazione di artisti senigalliesi che concepiva la fotografia come una creazione, attingendo alle sue forme ed ai suoi colori per esprimere il proprio universo poetico.
Giovani talenti come Ferruccio Ferroni e Mario Giacomelli si affermarono all’interno del Gruppo Misa.
In quel gruppo – ricordava spesso Mario Giacomelli – ognuno parlava il proprio linguaggio, con umiltà di fronte al soggetto, liberi da ideologie politiche, pensando all’amicizia, al dialogo, al rispetto di ognuno di fronte alla realtà.
Senigallia città della fotografia rappresenta un’idea forte della politica culturale che l’Amministrazione Comunale ha cercato di sviluppare in questi ultimi anni. Un progetto che si sta attuando attraverso tre filoni principali di interventi. In primo luogo si è lavorato per sviluppare la potenzialità di Senigallia ad ospitare mostre dei grandi maestri della fotografia italiana ed internazionale, in grado di richiamare un pubblico di appassionati. Un altro obiettivo verso il quale si lavora è quello di attirare e promuovere talenti fotografici, riservando la massima attenzione verso tutto ciò che di nuovo si muove nel panorama artistico nazionale ed internazionale; e poi naturalmente c’è la grande eredità artistica e culturale di Mario Giacomelli. Attraverso le esposizioni delle sue foto nelle principali città del mondo (il 2007 è l’anno del grande tour americano della civica collezione Giacomelli con esposizioni a Los Angeles, Chicago e New York ) riusciamo non soltanto a valorizzare l’opera di uno dei maestri della fotografia di tutti i tempi, ma anche a veicolare l’immagine di Senigallia nel mondo.
La città di Giacomelli
Mario Giacomelli , scomparso a Senigallia il 25 novembre 2000, è considerato da parte di numerosi critici, il più grande fotografo italiano della seconda metà del ‘900. Le sue opere sono conservate nei musei di tutto il mondo.
Nato a Senigallia nel 1925, la sua infanzia è subito segnata dalla perdita prematura del padre avvenuta quando lui aveva appena nove anni. Alla fotografia si avvicina nel 1952 dopo una serie di esperienze da autodidatta in pittura e poesia e due anni dopo entra a far parte dell’Associazione senigalliese “Misa”. Nel 1963 una sua fotografia, della serie Scanno, venne selezionata per la collezione del Museo d’Arte Moderna di New York , coronando il lavoro di rottura degli schemi tradizionali iniziato da Mario Giacomelli nell’immediato dopoguerra. Mario Giacomelli era senigalliese e marchigiano fino in fondo, legato alla sua città, ai suoi ritmi, alle sue tradizioni.
Anche nella sua espressione artistica egli si lega alla sua terra, e lo fa con i paesaggi segnati dall’uomo, con pieghe come rughe che l’uomo ha nelle sue mani, paesaggi che parlano di volti e di cose che abitano nell’anima.
La fotografia per Giacomelli era soprattutto amore, l’immagine che racconta una poesia dell’anima che continua ancora a stupirci e a commuoverci.
Rarissima immagine di senigallia con la neve