venerdì 10 febbraio 2012

La polenta ed i suoi amici

Si si, "La polenta ed i suoi amici" sarà il titolo del mio nuovo delirio da scrittore! Parliamo dunque un po' di questo piatto da Re, prima che affronti appunto, il mio terzo viaggio delirante.

 LA POLENTA DI UNA VOLTA
di Mario Maragnani

La madre era curva sul focolare,
l'impastato col mestone agitava
dentro un paiol di rame rimaneva
bionda farina già pronta a gettare.

Densi fumi salivano al soffitto
quando la donna staccava il paiolo,
polenta cadeva in tagliere al volo
sulla torta ardente l'occhio era fitto.

Ricordi belli d'infanzia lontana,
quando noi bimbi armati di forchetta
la crosta raschiavam sul fondo in fretta,
croccante al dente golosità arcana.

Col filo di refe, fette tagliava,
la madre sparenti in avide gole,
col merluzzo salacca a volte sola
la folta famiglia così campava.

Il mattin seguente, intorno alla brace,
stecconavamo le fette dorate
a prima colazione divorate.
Poi a lavorare si andava in pace.

La famiglia allora a risparmio intenta
trascorreva così autunno e inverno,
in attesa del meglio al proprio interno
mastice unione era la polenta.



La polenta

La polenta: un alimento che per secoli ha sfamato intere generazioni: bianca o gialla a seconda delle zone, ma sempre e comunque presente sulle tavole dei nostri nonni. Polenta a mezzogiorno, alla sera, ma spesso anche alla mattina , per colazione.
Come mai era considerata così importante?  Ce lo siamo chiesti spesso, ma  per trovare una risposta abbiamo dovuto intervistare i nostri nonni e invitare alcuni di loro a scuola per parlarci di come  vivevano una volta e soprattutto come e cosa mangiavano.
Numerose sono state le testimonianze raccolte, tanti i racconti e le storie curiose e quelle sulla polenta non sono mai mancate.
Una presenza costante, quasi un simbolo di un’epoca trascorsa e talmente radicata che  ancor’ oggi per  dire: “andiamo a mangiare” si dice spesso:” ‘ndon a polenta”; non per nulla i Veneti vengono definiti per antonomasia  “polentoni”.
A Revine si racconta:” La Polenta l’è na siora/ chi che la vet se inamora/ chi che la magna se sostenta/ benedeta la polenta”; oppure: “polenta e lat me iova, ma no la camisa nova”.
Il mais, prodotto base per la polenta, è  arrivato in Europa con Cristoforo Colombo e,  già all’inizio del XVIII secolo, aveva larga-mente  soppiantato gli altri cereali.
Le persone che sono venute a scuola, ci hanno raccontato che ai loro tempi non c’era un fazzoletto di terra incolto, e dove era appena possibile,  dopo aver arato il campo con l’aiuto dei buoi, ma più spesso delle stesse mucche da latte,  veniva seminata la biava (tu ciol par semenzha quela pi bel e pi picenina).
Nello stesso campo  venivano seminati anche i fagioli per sfruttarne il lungo gambo al posto delle scarazhe e per terra, ai bordi della larga,  venivano seminate zucche di ogni qualità.
Il raccolto avveniva tra fine settembre e ottobre, e le panoie, dopo essere state lasciate per qualche settimana appese a gruppi di tre o quattro, legate insieme sulle cantinele del piol  o in un posto assolato ad essicare, venivano scartozhade, cioè  venivano tolte le caratteristiche foglie (foiole) che avvolgono la panocia o panoia e, dopo una semplice lavorazione, si potevano impiegare per impagliare sedie, fare borse, o più semplicemente venivano messe nel paion,  l’antenato dell’attuale nostro materasso; si dice anche che  quelle più morbide fossero usate per  avvolgere il burro da vendere.
Nelle sere d’inverno, nelle stalle, durante il filò, le panoie venivano sgarbade a mano o con la mitica macchina da sgarbar biava.
Col tutolo rimasto (mognola, muzhola o botol) i nonni costruivano dei giocattoli per i nipoti: bambole, soldatini, statue per il presepio,  cavallini ecc.
Andare al mulino e tornare a casa col sac de farina era una cosa così usuale che veniva spesso citata nelle filastrocche e  nei proverbi locali.
La farina veniva conservata nella cassapanca in cucina e prima di versarla nella caliera da polenta a piccoli pugnetti e ben rigirata per quasi un’ora, veniva passata col tamiso per eliminare le impurità o i piccoli insetti (tarme e zole) che vi si annidavano.
Una volta cotta veniva versata sul grande taier posto al centro della tavola, tagliata a fette con lo spago e  coperta con un tovagliolo affinché non si raffreddasse e per dare il tempo a tutti di sedersi a tavola. La polenta locale era bianca, molto più morbida e leggera e delicata di quella gialla che era si più nutriente ma rozza e forte.
Verso la fine dell’estate, quando le scorte di farina stavano per finire, cominciavano a formarsi dei piccoli vermetti bianchi; segno che la farina stava per finire e in gergo locale si usava dire:” la farina la ciama al novo”, cioè si stava approssimando il nuovo raccoltoLA PREPARAZIONE DELLA POLENTA:
(Tratto dal libro “le ricette inutili”di Aldo Toffoli, Dario de Bastiani editore).
Perché l’esito sia ottimale è necessaria una caliera di rame con relativo manico di ferro a semicerchio, agganciato a due occhielli sporgenti dall’orlo.
La caliera va appesa alla cadena del camin, nel caso si voglia fare la polenta sul larin; altrimenti va integralmente immersa nel bus centrale della cusina economica. Bisogna salar subito l’acqua per evitare tragiche, irrimediabili dimenticanze (la polenta desavida è immangiabile).
 Quando l’acqua l’à ciòt su el bòio la caliera deve essere allontanata un po’ dal fuoco (scurtar tre-quattro anèi de à cadena o aggiungere do- tre zhérchi sula cusina) perché la boie pian  mentre si versa la farina.
E’ questo un momento delicato, perché si corre il rischio de far gnòc (a Revine si chiamano potoi): per evitarli bisogna versare la farina lentamente, con la mano sinistra, mentre con la destra si agita continuamente l’acqua, usando il mescol (mescola).
Arrivati alla densità voluta (tenendo presente che nel corso della cottura la polenta evapora e quindi diventa più solida), si reimmerge la caliera in pieno fuoco e si mescola per circa un ora. Anche mescolare è un arte, e per farlo con la caliera appesa alla catena del larìn occorre abilità da virtuosi. Descrivere questo rito è impossibile: vale solo, per chi lo voglia apprendere, assistere all’esibizione dei maestri.
Basti comunque dire che si deve usare ‘l mescol impugnandolo pressoché a metà, per consentirgli di fare leva sull’ avambraccio e mescolando la polenta per parti progressivamente più grandi, tagliandola obliquamente: chi volesse tentare di mescolarla a tondo non riuscirebbe a farcela per più di due o tre minuti e alla fine nemmeno la cottura riuscirebbe bene. Dopo circa un’ora (ma se ‘l fogo l’è bon, bastano anche cinquanta minuti), se leva el brustoin, che è il sapore inconfondibile della buona polenta (sapore assente irrimediabile dalla polenta dei supermercati).
Non basta ancora e non ci si deve fermare: la cottura è al punto giusto solo quando la polenta se destaca da le croste de la caliera, anche le croste cominciano a levarsi, e ‘l mescol non peta più sulla polenta. (La prova definitiva che la polenta è cotta perfettamente viene poi dalle croste che, dopo sartada, si staccano dalla caliera in un pezzo solo).
Prima de sartarla sul taier, la polenta deve essere petenada col mescol, cioè ordinatamente disposta nella caliera:
A questo punto – una mano tiene il manico e una l’orlo della caliera, naturalmente aiutandosi coi ciapin – se la sarta con colpo secc al centro giusto del taier. ( Gli incidenti tipici dei principianti sono: accompagnare troppo la caliera sul taier e quindi scottarsi le dita della mano che tiene la caliera, investite dalla polenta; oppure sartar la polenta fora del taier, cioè sbagliare la mira e non calare direttamente la polenta al centro del…bersaglio, con le ovvie conseguenze). Il taier, s’intende, deve essere di legno, meglio se de pez, ed avere il manico provvisto del fil. Senza ‘l fil, è il caso di non mangiare nemmeno la polenta. Anzi, diffusa abitudine era anche quella di tagliare una fetta della polenta appena sartada e mettergliela sopra. Pensiamo – ma ci potremmo sbagliare – che fosse per avere, e dare, la prova che la polenta era solida al punto giusto. Ciò perché la fetta la si doveva poter prendere con la mano. (E con la mano, normalmente la si distribuiva ai commensali).
Una volta sartada, la polenta si può mangiare subito. Ma è buona norma lasar che ‘a se sore (se iazhe) per una decina di minuti. Alla fine dei quali- se osservato quanto precede- si potrà direttamente constatare quanta ragione abbia chi definisce la polenta la regina della tavola veneta (e, per derivazione legittima, vittoriose).

Le molte faccie della...polenta

Le croste
Nella caliera usata per la polenta rimanevano le croste che venivano tolte dalla caliera e frammentate perché dopo aver aggiunto del latte sarebbero state una prelibata colazione.

La polenta boista
I protagonisti di questa prelibatezza erano due: la polenta ed il latte freddi.
Si procede così: il latte si fa bollire in una pentola, si mette del sale e si aggiunge la polenta spezzettata, il risultato? Una crema di polenta.

La polenta brustolada
Quando avanzava della polenta, o si mangiava fredda, oppure si riscaldava brustolandola, questa semplice alternativa si svolgeva appoggiando un trapiè sora le borzhe o sulla piastra rovente della stufa, si lasciava riscaldare fino a quando la fetta si staccava da sola dalla piastra formando una sottile e gustosa crosta, la si girava dall’altra parte ripetendo l’operazione e quindi si serviva in tavola.

Polenta e fichi secchi
Una dolcezza da 110 e lode erano: una fetta di polenta mangiata insieme ai fichi secchi.
Ma la regola vuole che i fichi siano locali perché più dolci.

Polenta e zuchero o polenta e cane
Altro che cioccolata!  I veri dolciumi antichi erano, semplicemente una fetta di polenta spolverata con dello zucchero oppure con  un po’ di cannella.

Fonte: www.tragol.it/saperisapori/polenta.htm

Polenta e stufato

Ingredienti
400 gr di farina per polenta 650 gr di spalla di vitello disossata, piuttosto magra e tagiata a pezzetti
300 gr di funghi porcini 50 gr di pancetta in un pezzo solo 2 coste di sedano 1 cipolla  1 carota
burro olio mezzo bicchiere di vino rosso 3 cucchiai di conserva di pomodoro
brodo farina 00 quanto basta sale e pepe quanto basta

Procedimento:
Lavate e titate il sedano, la cipolla, la carota e la pancetta. Poi fate appassire il tutto in una capiente casseruola con 40 gr di burro e 4 cucchiai d'olio. Tenete la fiamma bassa e mescolate ed infine aggiungete sale e pepe quanto basta. Intanto, raschiate i funghi con un coltellino e strofinateli con un panno umido, dopodiché tagliateli a fettine sottili. Una volta appassito il soffritto, aggiungetevi i pezzetti di carne, leggermente infarinati. Lasciate dorare e spruzzate con vino (che farete evaporare). Unite un mestolo di brodo e cuocete per circa una mezz'ora. Preparate la polenta in un'altra pentola. Dopo i primi 30 minuti di cottura della carne, aggiungete (alla carne) i funghi e la conserva di pomodoro diluita con 2 mestoli di brodo. Aggiungete sale e pepe quanto basta ed infine lasciate cuocere per altri 40 minuti, unendo del brodo ogni tanto. Per finire, versate la polenta pronta in uno stampo a ciambella, rovesciatelo, così che nel mezzo possiate sistemate lo spezzatino.


Polenta e fonduta

Ingredienti
Farina per polenta Gorgonzola Fontina Panna da cucina Burro o olio

Procedimento:
Una ricetta facile e veloce.
Mentre preparate la polenta prendete una pentolina antiaderente con il bordo un po' alto e scoglietevi almeno una noce di burro.
Aggiungete i vostri formaggi preferiti (meglio se molli e saporiti) e un po' di panna da cucina. Mescolate il tutto ed in brevissimo tempo avrete una miscela ottima da accompagnare alla polenta che avete già preparato.
Questa preparazione può essere fatta anche nel microonde.
Prendete una tazza in ceramica capiente e mettete insieme tutti gli ingredienti. Scegliete una temperatura abbastanza alta ed in brevissimo la miscela sarà pronta. Date una mescolata ed aggiungetela alla polenta che avete già preparato.

Polenta e fagioli

Ingredienti
1Kg di farina per polenta, 500 gr di fagioli borlotti, 300 gr di pancetta, 6 salsicce, olio extravergine di oliva,
1 cipolla, 100 gr di vino bianco secco, peperoncino a volontà, sale e pepe quanto basta

Procedimento:
Mettere a mollo in acqua fredda i fagioli 12 ore prima; lavarli in acqua fresca. Effettuato il lavaggio versate i fagioli in pentola con acqua fresca e sale. Cominciate la cottura a fuoco moderato. Intanto soffriggete in un tegame con l'olio la cipolla tagliata a fettine e la pancetta tagliata a tocchetti, salando e aggiungendo, se si vuole, del peperoncino. Condite i fagioli con metà del soffritto e continuare a far cuocere lentamente. Preparate la polenta e a cottura ultimata versare nella pentola (della polenta) l'altra metà del soffritto, girando velocemente. Infine unite polenta e fagioli e lasciate cuocere ancora per qualche minuto.

Polentine (Biscotti di polenta)

Ingredienti:
200 g di farina di mais 100 g di farina bianca 00 1/2 bustina di lievito 60 g di zucchero 90 g di burro
latte

Procedimento:
Mescolate in una ciotola le farine, il lievito e lo zucchero. Versate in centro il burro fuso e 6 cucchiai di latte. Mescolate fino ad ottenere un impasto simile alla pasta frolla. Se necessario , aggiungete altro latte. Stendete la pasta con il matterello su uno spessore di circa ½ cm e ritagliate con delle formine a vostro piacere, con il coltello o con la rotellina. Disponete su una teglia imburrata o carta da forno e cuocete nel forno già caldo a 180° per circa 12 minuti.
Variante con gocce di cioccolato: potete cospargere la superficie della pasta già tirata con il matterello con gocce di cioccolato fondente. Passate nuovamente il matterello senza premere troppo e tagliate le forme.
Versate il tutto nelle apposite fondine già tenute al caldo; aggiungere per ogni fondina una salsiccia, cucinata in padella e forata durante la cottura in vino

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