lunedì 28 gennaio 2013

La torta della merla


Gli ultimi tre giorni di gennaio, ritenuti i più freddi dell’anno, sono conosciuti come i “giorni della merla”. Secondo una leggenda padana, una merla per sfuggire ai rigori dello scorcio di gennaio, si sarebbe riparata in un comignolo. A causa della fuliggine,  da bianca che era, ne uscì nero fumo. E’ da allora che tutti i merli diverranno di piumaggio scuro. Dietro a questa leggenda vi è tutto un sostrato culturale ricchissimo, riferibile alla tradizione contadina dell’area padana e prealpina. Si crede che tanto più i ‘giorni della merla’ siano freddi, tanto prima arriverà la primavera.  Secondo un’antica credenza, il canto del merlo annuncerebbe i primi tepori primaverili: “quando canta il merlo siamo fuori dall’inverno”. In omaggio a questo convincimento, nei comuni che si affacciano sull’Adda, il 30 di gennaio è usanza intonare il cosiddetto ‘canto della merla’. Un caratteristico canto popolare caratterizzato da un vivace ‘botta e risposta’ tra i cantori assiepati sulle due rive opposte del fiume. Con questo canto si intende sollecitare l’arrivo della bella stagione. Inoltre, il numero ‘tre’ (i ‘tri dì’ della merla) va letto in chiave simbolica, come simbolo propiziatorio. Mentre, nel cambio di colore dell’uccello, da bianco a nero, andrebbero ravvisate le tracce di un antico rituale di iniziazione. I “giorni della merla” si configurerebbero, dunque, come un periodo di passaggio, uno spartiacque tra inverno e primavera, accompagnato da tutto un ricchissimo corredo simbolico tipico di questa epoca dell’anno. E’ in tale cornice che vanno lette le numerose tradizioni della val Padana, ma anche del Piemonte e della Lombardia, legate agli ultimi tre giorni di gennaio. Si cerca di esorcizzare il buio e il gelo, di sconfiggere le fredde brume padane  con canti, falò, mascherate e botti. Tutti riti propiziatori legati alla cacciata dell’inverno che trovano il loro momento topico nell’accensione dei fuochi lungo l’argine del Po e dei suoi affluenti. Il momento di raccoglimento intorno ai falò diventa l’occasione per gustare i piatti della tradizione, come salamelle, polenta e ‘sbrisulun’. La torta sbrisolona, così denominata per la sua friabilità, originaria del mantovano, risalirebbe all’epoca dei Gonzaga.

Storia della sbrisolona
Simbolo della pasticceria mantovana, questa torta chiamata anche sbrisolina o sbrisulada, deve il nome alla sua friabilità, alle briciole grandi e piccole che si formano quando viene spezzata per essere consumata.
L’origine del dolce sarebbe contadina, come testimonierebbe l’uso della farina di mais, ingrediente fondamentale della ricetta nata a cavallo tra '500 e '600. Sembra che la si preparasse in un’occasioni speciali, come la nascita di un bambino o una promessa di matrimonio, per poi essere conservata a lungo.
La sbrisolona si nobilitò con l'arrivo alla corte dei Gonzaga che la arricchirono introducendo zucchero, spezie e mandorle.
Nella tradizione lombarda questo dolce era chiamato “torta delle tre tazze” per l’eguale quantità, misurata in tazze, dei suoi tre ingredienti principali: farina gialla, farina bianca e zucchero.
Con il passare del tempo la ricetta, interpretata con varianti popolari o borghesi, ha avuto diversi ingentilimenti: minore presenza di farina di mais, sostituzione dello strutto con il burro, maggiore morbidezza del composto.

Ricetta ( Sbrisolona dal tacuinum de' dolci )

Ingredienti : 200g di farina, 200g di farina gialla di mais, 200g di mandorle pelate, 150g di zucchero semolato, 100g di burro, 100g di strutto, 2 tuorli, Baccello di vaniglia, 1 limone, Zucchero a velo, Sale.


Preparazione
Mischiare le farine e unire le mandorle tritate, lo zucchero, la vaniglia, la scorza grattugiata del limone, i tuorli, un pizzico di sale e per ultimi il burro con lo strutto. Lavorare gli ingredienti fino ad ottenere un impasto non uniforme e con dei piccoli grumi. Versare il tutto in una tortiera imburrata. Passare in forno medio e togliere quando la superficie sarà dorata. Servire la torta, spezzandola senza l’uso del coltello, cosparsa con zucchero a velo.

Fonte: TaccuiniStorici.it 



mercoledì 23 gennaio 2013

Il panettone gastronomico


Ingredienti Panettone: farina g 500 - latte g 250 - burro g 80 - zucchero g 40 - lievito di birra g 15 - sale g 10 - 3 tuorli - farina e burro per la spianatoia e lo stampo - Farcia (mousse): una faraona - mascarpone g 250 - prosciutto di Praga, a fettine, g 200 - panna fresca g 200 - 4 scalogni - salvia - alloro - burro - pasta di tartufo - tartufo nero - Brandy - sale – pepe

Preparazione:
Lavorate gli ingredienti nell'impastatrice; lasciate lievitare la pasta per un'ora, quindi sgonfiatela sulla spianatoia infarinata, fatene una palla, mettetela nello stampo cilindrico a cerniera, imburrato, infarinato, e ponetela a lievitare di nuovo finchè avrà quasi riempito lo stampo; a questo punto infornate il panettone a 180 °C per 45' circa.
Preparate 3 farce: la prima con il burro lavorato con uno scalogno tritato fine, salsa Worcester e succo di limone; la seconda con la maionese mescolata con poca pasta d'acciughe; la terza con la robiola, il trito aromatico, sale e pepe. Spalmate 4 dischi con ciascuna farcia. Sovrapponeteli e completate quelli al burro con le fettine di storione, quelli al maionese col prosciutto e tagliate ciascuna coppia di dischi in 6 spicchi uguali, poi ricomponete il panettone iniziando dalla base. Al primo strato fate seguire gli altri, sovrapponendoli così da alternare i sapori; completate il panettone con il suo cappello e decoratelo con olive, filetti d'acciughe, ciuffi di robiola (circa 1/3 della farcia) e pomodoro fresco.

Fonte: La cucina italiana.it

giovedì 17 gennaio 2013

Il Ciambellone

Questo è una preparazione a forma rotonda con il buco in centro fatto con pasta ben lievitata.
Gli ingredienti di base sono farina, uova, latte, zucchero, olio d'oliva, lievito e liquore, con l’eventuale sostituzione dell'olio con il burro.
Presso la società contadina era il “dolce delle folle”, indispensabile presenza nei principali appuntamenti della vita comunitaria: battesimi, cresime, matrimoni, feste familiari. 
In genere concludeva anche le sette portate previste per le libagioni del giorno della trebbiatura del grano, servito a fette e farcito di una crema cotta nel paiolo di rame.
Nelle Marche è uno dei dolci tradizionali, che nell’area del Montefeltro diventa il “biscott” se preparato con acqua al posto dei grassi

Fonte: TaccuiniStorici.it 


Il Ciambellone della nonna

Ingredienti per 12 persone
4 uova, 250 g zucchero, 400 g di farina 1/2 bicchiere di latte 1/2 bicchiere di 
olio extra vergine d'oliva qb di buccia di limone grattugiato 1 bustina di 
lievito qb di burro.

Preparazione
Accendete il forno a 175 gradi.
Mescolare con un frullatore uova e e zucchero, dopo di che aggiungete la farina 
setacciandola con un passino. Una volta che il composto è ben amalgamanto 
aggiungete il latte e l'olio e mischiate bene, sempre con il frullatore. Aggiungete un 
pò di buccia di limone grattugiato per dare il profumo e imburrate la teglia 
(ovviamente a forma di ciambella) per bene per non far attaccare il ciambellone. 
Infine aggiungere il lievito ben setacciato (altrimenti la ciambella non viene bene), 
amalgamate molto bene, mettete in teglia e infonrate per 20/25 minuti.
Il ciambellone sarà pronto quando infilando uno stecchino lungo per spiedini, il 
legno dello stecchino è ben asciutto.
Levate dal forno e lasciate freddare bene.
Per mantenere il vostro ciambellone morbido anche una volta aperto, potrete 
metterlo su un piatto coperto da un tovagliolo umido e il tutto (piatto compreso) 
chiuso in una bustina di plastica. Resterà come appena fatto!

mercoledì 7 novembre 2012

Avvicinandoci all'11 Novembre........

Sammartinelli

Ingredienti:
900 g farina 00, 250 g zucchero, 160 g di olio d'oliva, 50 g lievito di birra (o due bustine di quello istantaneo in polvere), 30 g semi di anice, 172 cucchiaio di polvere di cannella, acqua calda q.b.

Procedimento:

Sul piano da lavoro create la classica fontana, dopo aver mescolato bene farina, zucchero, cannella e anice e lievito (se usate quello in polvere); fatto il buco al centro della fontana, iniziate ad aggiungere prima l'olio e poi l'acqua (se state usando il lievito fresco, scioglietelo in questa), sempre amalgamando poco per volta con gli ingredienti secchi; impastate il tutto per circa 20 minuti in modo energico sino ad ottenere un composto liscio ed elastico. 
Lasciate lievitare per un'ora e creato la tipica forma a chiocciola; riponete le chiocciole a lievitare nuovamente per almeno 10 minuti e poi infornate il tutto a 180° C sino a doratura.

lunedì 22 ottobre 2012

Birretta veramente buona. Da provare assolutamente


Durante l’ottocento Brooklyn fu la culla di una grande e fiorente comunità di origine tedesca. Giusto per assecondare i luoghi comuni, Germania=Birra, perciò gli immigrati teutonici pensarono bene di installare decine di birrerie, in particolare nella zona vicino al canale Gowanus. Fino anni agli anni ‘20 l’area ospitava una cinquantina di birrifici, quasi tutti Brauerei, che purtroppo chiusero durante il proibizionismo.
La tradizione non fu più ripresa e l’enclave si disperse per New York. Ma nel 1988 i lungimiranti Steve Hindy e Tom Potter capirono che il clima era pronto per ritornare alle origini e fondarono la Brooklyn Brewery a Manhattan e nel 1996 rilevarono una vecchia panetteria kosher di Brooklyn e la riadattorono a birrificio. Oggi producono moltissimi tipi di birra, anche se la loro punta di diamante è la Brooklyn Lager, che a New York si trova un po’ ovunque e che al palato europeo sembra più una birra ambrata.
Due terzi della birra arrivano da Utica, nello stato di New York, ma l’idea è quella di riportare a Brooklyn almeno il 50 per cento della produzione.
La Brooklyn Brewery è al 79 di North 11th street si trova la Brooklyn Brewery e la potete visitare durante i fine settimana: il venerdì è aperta dalle 18 alle 23, mentre sabato e la domenica sono previsti tour guidati e gratuiti nel pomeriggio. Per prenotare mandate un’email a tours@brooklynbrewery.com.
Hanno da poco aperto una succursale sui Navigli a Milano.

Fonte: http://www.inewyork.it/

domenica 21 ottobre 2012

In cucina sono tradizionalista, però.........


La grammatica dei sapori e delle loro infinite combinazioni si propone come uno dei libri di cucina più originali e creativi attualmente sul mercato.
L'autrice, l'inglese Niki Segnit, stanca di affidarsi alle più o meno celebri raccolte di ricette, presenta un esclusivo manuale  rivolto a chi è alle prime armi, ma anche a cuochi esperti e a chiunque voglia imparare a sperimentare in cucina, con brio e con un tocco di personalità.
Niki Segnit, per la redazione di questo interessante volume, si è ispirata agli abbinamenti inusitati e sorprendenti di grandi chef del calibro di Heston Blumenthal, Ferran Adrià e Grant Achatz, e soprattutto alla loro profonda conoscenza dei legami tra i sapori.
La grammatica dei sapori ......... si rivela così un prezioso compendio che esplora in modo dettagliato gli accostamenti e le assonanze tra i sapori, dai più classici ai più insoliti, coniugando precisione empirica e impressioni poetiche.
Partendo da 99 ingredienti base, i più utilizzati nelle cucine, nei ricettari e nei menù dei ristoranti, Niki Segnit prende in esame più di 900 combinazioni raggruppate in 16 grandi famiglie di sapori: speziati, di bosco, agrumati, di terra, sulfurei, senapati, solo per citarne alcuni.
Per ogni accostamento l'autrice si sofferma sui risultati gustativi, associa idee, immagini e sensazioni, proponendo anche alcuni esempi di ricette.
E' così che la Segnit ci invita a scoprire le segrete corrispondenze tra cumino e barbabietola, che non sembrerebbero condividere nulla, a parte qualche nota di terra, mentre invece impariamo come la dolcezza della barbabietola venga esaltata dall'aroma di fumo e agrumi peculiare del cumino, e come insieme possano dare vita a una zuppa dai sapori complessi.
E ancora scopriamo come le ciliege siano in grado di esaltare l'agnello e il pesce affumicato, e come il cioccolato bianco si abbini perfettamente con la mora di rovo, lo zafferano e il caviale.
La Segnit propone così un volume ricco di essenziali suggerimenti pratici ma anche di osservazioni simpatiche ed originali, ad esempio paragonando sedano e aneto a una coppia di settantenni la cui conversazione è meritevole di attenzione.
La grammatica dei sapori .......... si offre quindi al lettore come una sorta di grammatica-vocabolario, permettendogli di apprendere tutti gli strumenti necessari per sperimentare in cucina, realizzando nuovi e gustosi piatti.
Un manuale indispensabile per chiunque desideri imparare a padroneggiare con sicurezza la complessa arte culinaria, ma anche un testo brillante ed ironico, la cui lettura si rivela avvincente come quella di un romanzo.