Zampone Modena IGP
Lo Zampone Modena IGP e` un preparato di carne dalla forma di arto anteriore di maiale (completo di falangi distali), realizzato insaccando all’interno del rivestimento cutaneo una miscela di carni suine. Si presenta di consistenza morbida. Al taglio la fetta e` compatta, di granulometria uniforme e colore roseo tendente al rosso.
Il prodotto deve essere facilmente affettabile e tenere la fetta. Il gusto e` caratteristico. Secondo la tradizione, lo Zampone Modena IGP nacque nel 1511, a seguito della necessita` da parte degli abitanti di Mirandola di trovare una tecnica per conservare la carne di maiale, durante l’assedio dell’esercito di Papa Giulio II della Rovere. La leggenda narra che i maiali furono macellati per evitare che cadessero nelle mani degli invasori e le loro carni, macinate e insaccate nelle zampe dei suini, diedero vita ad un originalissimo prodotto che ebbe grande successo nei secoli a venire. Fu cosi` ideata la pratica di insaccare le carni prima nella cotenna, da cui ebbe origine il Cotechino, ed in seguito nelle zampe, da cui nacque lo Zampone.
Sul finire del XVIII secolo, la trasformazione in strutture piu` grandi delle prime due botteghe salumiere, Frigeri e Bellentani, ne favori` la diffusione nei mercati limitrofi. Riferimenti in merito si trovano in alcune lettere autografe di Gioacchino Rossini proprio al signor Bellentani di Modena.
Lo Zampone Modena IGP puo` essere acquistato fresco o precotto. In quest’ultimo caso, essendo chiuso e sigillato, puo` conservarsi per un piu` esteso periodo di tempo, senza che ne vengano in alcun modo alterate le peculiari caratteristiche organolettiche e gustative. Questo prodotto - dal sapore denso, forte e molto aromatico - e` tradizionalmente presente sulle tavole durante le festività del Natale ed a Capodanno. Viene servito a fette abbastanza spesse in abbinamento a lenticchie, ma anche con fagioli in umido, pure` di patate o spinaci al burro e Parmigiano-Reggiano.
Recentemente si sta apprezzando il gusto tipico di questo insaccato anche inserito in ricette originali, come ad esempio con spaghetti Thai, germogli di soia, salsa di ostriche e sesamo tostato.
Lenticchie storia di un simbolo
Le lenticchie, alimento base per i popoli nomadi fin dal Neolitico, assumono fin dalla coltivazione un significato ben augurale. La loro coltivazione inizia nelle terre dell’antico Egitto diventando subito un alimento nutriente di piccole dimensioni ma di grande spessore nell’arte del cibare. Dall’Egitto già nel 525 a.C. e precisamente dall’antichissima Pelusio sul Nilo che un mito vuole patria del grande Achille, si racconta che le navi egizie rifornivano regolarmente i porti di Grecia ed Italia di lenticchie. E da qui la lenticchia oltre che alimento diventa anche elemento d’ interpretazioni. Le lenticchie nell’antichità furono collegate simbolicamente anche alla morte. Basta rileggere il notissimo episodio scritto nel libro della Genesi dove ci racconta di Esaù che rientrato affamato dalla campagna, vide Giacobbe che aveva cotto un piatto di lenticchie. Quando gli chiese da mangiare poiché era sfinito, Giacobbe chiese in cambio la primogenitura, e Esaù accettò (cfr. Genesi 25,29-34). Quindi abdica a favore del fratello, di essere lui il padre, la guida ed il Re degli ebrei, combinando una compravendita cosi sfavorevole all'uno, quanto favorevole all'altro. E’ il primo cibo preparato dall’uomo del quale si ha testimonianza scritta, non meno di 4000 anni fa. Parafrase che si usa ancora quotidianamente nei modi di dire, delle persone che si vendono per poco, per un piatto di lenticchie appunto, che significa ricevere un valore bassissimo rispetto a quello che si dà in cambio. Da allora l’antica tradizione ebraica impone che gli Ebrei mangino lenticchie quando sono in lutto, in ricordo di Esaù per aver svenduto quanto aveva di più prezioso. Per millenni la lenticchia risulta uno dei prodotti più importanti nell’agricoltura e nel commercio del Mediterraneo e alimento fra i più comuni ed apprezzati ad Atene come a Roma dove Artemidoro, nato ad Efeso nel II secolo e vissuto a Roma, nella sua opera onirica “Interpretazione dei sogni” accomuna le lenticchie con l’annunciazione di lutti mentre Plinio li glorifica per il loro alto valore nutritivo e per la virtù di infondere tranquillità all’animo. Di quale sublime devozione era tenuta la lenticchia basterebbe conoscere la storia della colonna egizia del colonnato di Piazza S. Pietro, portato a Roma nel I secolo per volere di Caligola, l’obelisco attraversò il Mediterraneo su una nave immerso e protetto da un carico di lenticchie. Lenticchie servite in minestra, puls-lentis, da cui trae poi nome il pulmento, quindi con l'arrivo del mais trasformato in polenta. Ancora nei secoli dopo le lenticchie torneranno a tormentare i sogni adducendo fortuna o lutti a seconda di chi interpretava e gradiva questo piccolo legume. Nel Medioevo i ceti più abbienti, i nobili ricchi relegarono il consumo delle lenticchie alla mensa dei poveri, servite e mangiate quasi esclusivamente nei conventi e fra la gente, umile ma dotta, che diede alla lenticchia il ruolo che meritava, nutrire bene, piacere e costare poco. Ancora, come a rimarcarne l’inutilità come cibo goliardico fu definito nel Rinascimento, dal medico Petronio, cibo caldo e secco, adatto a coloro che vogliono vivere castamente. In Francia al tempo di Luigi XIV le lenticchie venivano date come cibo ai cavalli e Alexander Dumas nel suo “Grand Dictionnair de Cuisine del 1873” le considerava un cibo pessimo. Come tutti gli alimenti e gli elementi destinati all’eternità la moda non ne intacca le virtù né li seppellisce. Cosi la lenticchia ha attraversato la simbologia del tradimento legandosi ai Patriarchi ed accompagnato lutti e morti, tormentato sogni e ricevuti superficiali giudizi da gente di spessore nobile ma leggera di gusto.
Annotiamo infine una curiosa credenza popolare sulle lenticchie. In quanto di piccole dimensioni, a parità di peso con altri legumi, si presentano nel piatto in numero maggiore. Perciò mangiare lenticchie nel primo giorno dell'anno, induce la famiglia a sperare di guadagnare un pari numero di monete d’oro.
Fonte: TaccuiniStorici.it testata di Alex Revelli Sorini - Rivista multimediale curata in collaborazione con l' Accademia Italiana Gastronomia Storica dove si propongono storie e tradizioni della cultura gastronomica mediterranea.
Zampone con lenticchie
Ingredienti per 4 persone
1 zampone da 1 kg, 250 g di lenticchie, 500 g di polpa di pomodoro, 30 g di pancetta, 1 cipolla, 1 costa di sedano, 1 carota, 1 foglia di salvia, olio, burro, sale, pepe
Procedimento
Lasciate le lenticchie in ammollo per 3 ore. Eliminate quelle venute a galla, sgocciolate le restanti lenticchie e lessatele per 1 ora e 30 minuti circa in acqua pochissimo salata.
Con un grosso ago praticate sulla cotenna dello zampone numerosi fori. Avvolgetelo in una garza o nella carta d’alluminio, immergetelo in una pentola d’acqua fredda, ponete sul fuoco, portate a bollore, poi lasciate sobbollire piano e a recipiente coperto per 3 ore abbondanti. In un tegame scaldate due cucchiai d’olio e una noce di burro, insaporitevi la foglia di salvia spezzettata, pancetta, carota, sedano e cipolla tutti ben tritati, mescolate. Dopo 10 minuti aggiungete
pomodoro, sale e pepe e cuocete per almeno 15 minuti. Sgocciolate le lenticchie e aggiungetele nel tegame della salsa, mescolate, fate insaporire per 10 minuti.
Ritirate lo zampone, lasciatelo riposare 10 minuti nella sua acqua, sgocciolatelo e tagliatelo a fettine, disponetele sul piatto da portata e intorno distribuite le lenticchie in umido. Servite ben caldo.